Editoriali

L'EDITORIALE. O l'inferno o la gloria. Poi in tanti dovranno RIFLETTERE e CRESCERE

Giallorossi domani a Genova per giocarsi una stagione: il nostro editoriale è anche un momento per guardarsi indietro iniziando i bilanci

LECCE - Tutti noi avremmo messo dieci firme in bianco per arrivare a questo snodo, per giocarci un campionato o quasi in novanta minuti o comunque per stare "dentro" alla lotta a una manciata di giornate dalla fine della Serie A.

Questo va detto in premessa perchè va elogiato lo sforzo sovrumano portato avanti dalla società e dall'area tecnica in un oceano sconosciuto e tempestoso come la Serie A. Da Rende a "San Siro", da Fondi allo "Juventus Stadium". Non dimentichiamocelo.

C'è però modo e modo di condurre una stagione assai travagliata e che ha avuto una doppia gestazione complicatissima, un parto estivo con il mercato sino all'ultimo istante (Liverani aveva predicato altri auspici, ossia partire con il grosso del gruppo per la Selva di Val Gardena) e un emergenza sanitaria che ha fatto venire fuori tutta la carenza di "stratificazione societaria" di cui avrebbe bisogno questo gruppo di soci giovane e volenteroso.

Un gruppo societario in cui nei momenti decisivi qualcuno si è tenuto lontano dai riflettori, lasciando al Presidente Saverio Sticchi Damiani la patata bollente di gestire critiche e sbuffi di un ambiente che nonostante gli anni in C ha conservato un DNA dalla bocca buona e che 73 reti subite in campionato non le ha viste neanche nell'era Zeman.

Ci può stare, è la prima Serie A per tutti, vincere due anni di fila ha abituato l'area mercato a confrontarsi sempre più con i grandi media protagonisti del "circo" delle trattative piuttosto che con i sempliciotti giornalisti locali con cui erano abituati a rapportarsi nell'anonimato delle loro carriere, così come le vittorie hanno "gonfiato" di "like" le pagine Facebook di dirigenti aimè ora chiamati a scendere in campo anche quando si fa dura e si mette male.

C'è di più, ma fa parte della sfera dell'opinabile, è una nostra valutazione, che questa Serie A è davvero modesta: per salvare questa squadra (malauguratamente non dovesse accadere) sarebbe bastato davvero poco in più di quel che è stato fatto, con tutti i limiti economici e di esperienza del caso. Essere peggio di questi scarsi che ci sono in giro, insomma, ci fa davvero girare le scatole.

A Genova passano numerosi incastri, non da ultimo quello con Masiello e l'inizio della fine, l'apertura del baratro dell'illecito sportivo, gli anni ai margini del professionismo con la gestione dei Tesoro e la rinascita così fulminea da sembrare insperata. Bella come una favola.

Passa anche molto della credibilità di Liverani il cui atteggiamento e le cui dichiarazioni quest'anno non sempre sono piaciute, troppo spesso indirizzate a mettere in buona luce sè stesso a costo di screditare i valori tecnici "modesti" dei suoi calciatori.

Lo diciamo senza urlare, con profondo rispetto: ci possiamo permettere di muovere una critica, da queste pagine, perchè abbiamo praticamente preso in braccio e sorretto il tecnico laziale per due annate di fila, apprezzandolo per il valore umano e tecnico, tenendolo lontanissimo da ogni valutazione negativa.

La Serie A, anche qui i grossi interlocutori nazionali, accendono riflettori che possono passare una volta nella vita. Riflettori che piacciono e possono indirizzare carriere. Lo comprendiamo. Lo comprendiamo ma adesso salvi il Lecce. Poi potrà pensare ciò che vuole e avere giudizi negativi per chi vuole.

Come comprendiamo gli alti e bassi di un gruppo squadra che a Genova deve sentire bollire il sangue, deve metterci qualcosa di più, deve andare oltre sè stesso, oltre la tecnica, oltre tutto.

A Genova vogliamo vedere ardore, capacità di battagliare come in un duello di scherma, colpo su colpo. Altrimenti le belle parole spese su questi ragazzi resteranno belle parole. Alla storia, per conto nostro, saranno consegnati come capaci di retrocedere in una Serie A modestamente livellata al ribasso. Scarsi tra gli scarsi. Dimostrino il contrario, dunque.

Vogliamo i fatti, novanta minuti con il coltello in bocca, sudati, pronti al sangue, sportivamente parlando. Ora vogliamo solo fatti.

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